#Venezia75: la recensione di First Man di Damien Chazelle con Ryan Gosling

La 75. Mostra del Cinema di Venezia si apre con l’ultimo film di Damien Chazelle, First Man, che racconta la vita di Neil Armstrong e lo sbarco sulla Luna.

“A quale costo?” è la domanda che si sente a un certo punto del film, ma la frase riecheggia per tutta la sua durata. La missione Gemini ha preparato l’uomo all’allunaggio, quella Apollo l’ha portato a termine. In mezzo, anni di sacrifici, fallimenti, scontri politici e tanti lutti.

Ed è proprio il sacrificio e le difficoltà per arrivare al successo che Damien Chazelle indaga, ancora una volta, in First Man. All’apparenza un soggetto molto distante dai precedenti tre film del regista americano, ma presto si capisce cosa l’abbia spinto ad accettare il progetto.

La sceneggiatura di Josh Singer (adattamento dell’omonimo romanzo di James R. Hansen), infatti, si concentra sulle vicende umane di Neil Armstrong, dal suo passaggio da semplice pilota ad astronauta della Nasa, alternandolo ad episodi di vita famigliare.

First Man è tutto fuorché un film epico o patriottico, si sgancia con maestria dai canoni del biopic e diventa un’indagine dell’animo umano. Come in Whiplash e La La Land, ci si interroga su cosa si sia disposti a fare pur di raggiungere i propri obbiettivi, e sulle conseguenze che la ricerca del successo inevitabilmente ha sui rapporti personali.

Per questo, Claire Foy (che interpreta la prima moglie Janet) è quasi protagonista tanto quanto Ryan Gosling. Invece che relegare il personaggio al solito ruolo di compagna in attesa del ritorno del marito, Chazelle e Singer ne fanno il punto fisso del film, una donna che non è solo il sostegno del proprio marito ma anche la canalizzatrice della sua emotività, colei che lo sprona (spesso costringe) ad affrontare i momenti più duri che il protagonista sceglie sempre di evitare immergendosi nel lavoro.

Le differenze coi film precedenti, invece, cominciano a vedersi dal punto di vista tecnico: innanzitutto, la musica, onnipresente negli altri film, qui è utilizzata decisamente meno ma nei momenti giusti; l’ormai fidato compositore Justin Hurwitz alterna ritmi lenti e cadenzati a improvvise accelerazioni, ma sono i silenzi e il rumore a farla da padroni, lezione forse appresa dal lavoro di Christopher Nolan e Hans Zimmer su Interstellar.

L’uso esteso di soggettive e della macchina a mano che segue i sussulti e le oscillazioni di persone e cose, nonché le numerose scene girate all’interno delle navicelle, rendono massimo il coinvolgimento dello spettatore, che si sente proiettato direttamente all’interno della scena, con sensazioni claustrofobiche che aumentano la suspence nonostante le vicende raccontate siano ben conosciute.

A coronare il tutto un’ottima fotografia, un montaggio serrato, e le interpretazioni di un cast che riesce a dare il meglio nella sua naturalezza e spontaneità.

In conclusione, First Man è un’opera che ha i suoi momenti di spettacolarità visiva, ma che mette al centro l’uomo e le sue emozioni.

Paragonarlo ad altri film sull’esplorazione spaziale è stupido e inutile, e la vera chiave di lettura si trova nel discorso di John F. Kennedy citato in una parte del film:

Noi scegliamo di andare sulla Luna entro questo decennio, e poi altre cose, non perché siano facili ma perché sono difficili, perché quell’obiettivo ci servirà come organizzazione e misura delle nostre migliori energie e capacità, poiché quella è una sfida che siamo disposti ad accettare, non siamo disposti a rimandare, che intendiamo vincere.

 

First Man uscirà nelle sale italiane il 31 Ottobre 2018.

Voto: 8 / 10