#Venezia75: la recensione di Sulla Mia Pelle con Alessandro Borghi

SULLA MIA PELLE

Il silenzio spettrale in sala alla fine della proiezione, riempito solo da uno scroscio ininterrotto di applausi (circa 7 minuti), mentre Ilaria Cucchi usciva dal posto a lei riservato per abbracciare il cast, visibilmente commossa, dovrebbe già dare un’idea dell’impatto emotivo del film di Alessio Cremonini sul caso Cucchi, presentato in concorso alla 75a edizione del Festival del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti.

Sulla mia pelle è un film crudo, anche se nei suoi 100 minuti di durata non assistiamo mai alla rappresentazione delle violenze fisiche che Stefano Cucchi ha subito. La crudeltà delle percosse ricevute la si evince dai referti medici, dall’ostinazione con cui Stefano continua a ripetere: “Sono caduto dalle scale” e a chiedere invano di poter vedere il suo avvocato, dalla manifesta omertà dei PM che di fronte ad un volto tumefatto non chiedono chi ha provocato quei lividi.

SULLA MIA PELLE

Alessandro Borghi, nei panni di Cucchi, fornisce una prova magistrale di ciò che il cinema è in grado di offrire al suo pubblico quando ad una regia essenziale si affianca una recitazione intensa e sofferta. L’attore romano è quasi irriconoscibile: il volto è scavato e smunto, il corpo scheletrico, la voce e la dizione completamente diverse da quelle a cui ci ha abituato in Suburra (sia la serie che il film) o in Non essere cattivo. In una storia di Instagram, Roberta Pitrone, compagna di Borghi da anni, con gli occhi ancora lucidi racconta l’emozione dell’abbraccio tra Alessandro e Ilaria Cucchi, con quest’ultima che avrebbe detto: “Sei uguale a Stefano”. Similmente Jasmine Trinca, la cui trasformazione fisica è stata altrettanto radicale e ha saputo rendere sullo schermo la forza e la determinazione che contraddistinguono Ilaria Cucchi da quando, suo malgrado, è salita alla ribalta per chiedere giustizia, diventando la voce più importante in Italia contro i casi di tortura nelle carceri ed essendo per questo presa di mira costantemente dai soliti noti della politica.

Max Tortora e Milvia Marigliano, che interpretano i genitori di Stefano e Ilaria, non sempre riescono a reggere il confronto coi loro colleghi più giovani: se Trinca e Borghi sono i fratelli Cucchi, Tortora e Marigliano sono più banalmente due attori nei panni dei signori Cucchi. Ciononostante, questo sensibile scollamento non implica un giudizio completamente negativo sulle loro interpretazioni: semplicemente, siamo di fronte a generazioni diverse che veicolano modi diversi di stare di fronte alla macchina da presa, con i più giovani che recepiscono con maggiore forza la lezione del panorama straniero. È lo stesso direttore della Biennale, Alberto Barbera, riportato dalla rivista Ciak, a evidenziare come l’interpretazione di Borghi si collochi sullo stesso livello di alcune complesse prove attoriali d’oltreoceano:

«L’interpretazione di Alessandro Borghi è una di quelle a cui ci hanno abituato certi attori americani, capaci di calarsi completamente nel personaggio e di portare sulle proprie spalle tutto il significato e il peso di un film.»

La storia è raccontata cercando il più possibile l’imparzialità: la condanna più forte, oltre a quella nei confronti degli autori

SULLA MIA PELLE

materiali del pestaggio, si leva contro l’omertà generale che ha circondato Cucchi in quei drammatici giorni. Nessuno chiede a quel ragazzo pestato l’origine delle ecchimosi che lo ricoprono, se non qualche poliziotto che lo fa più per non incorrere in qualche richiamo disciplinare che per vero scrupolo di coscienza. E forse è proprio questo il difetto e assieme il pregio del film: la sua denuncia non è così radicale e mirata come ci si potrebbe aspettare, e al contempo quest’aria di accusa generale contro il silenzio complice delle oltre 140 persone (tra personale sanitario, giudiziario e forze dell’ordine) che durante quella settimana hanno incontrato Stefano, dona al film un respiro più universale, permettendo di estendere la denuncia anche a casi analoghi, senza perdere di mira la tragica specificità di questo fatto di cronaca nera che getta una luce inquietante sul tema della tortura nelle carceri italiane.

A fine film, una serie di didascalie troneggiano come un monito allo spettatore, accompagnate dai video che ritraggono i momenti salienti della battaglia di Ilaria Cucchi: suo fratello Stefano è stato il 148° caso di morte in carcere nel 2009 (il giorno 22 ottobre). In due mesi quel numero sarebbe salito di quasi 30 unità: uno ogni due giorni, per un totale di 176 decessi al 31 dicembre 2009.

Sulla mia pelle sarà distribuito in alcune sale selezionate in contemporanea con la sua uscita su Netflix, il 12 settembre prossimo. Ci sentiamo comunque di consigliare, a chi ne ha la possibilità, di vederlo al cinema, per immergersi completamente nelle emozioni che questo film è in grado di suscitare.

Voto: 9 / 10